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Non è semplice parlare del riso, analizzarlo, trattenerlo all'interno di mappe ermeneutiche definite, collocarlo in un orizzonte di certezze tassonomiche. Il riso è indomabile, instabile e ossimorico: può essere sovversivo o conformista, pedagogico o sfrenato, diabolico o divino, apocalittico o salvifico, di esclusione o inclusione, plebeo o raffinato, distruttore o creatore, dono divino o condanna. La fenomenologia del riso impone l'erranza del pensiero. Familiare e perturbante allo stesso tempo, l'immagine riflessa del riso è anamorfica. Anamorfico, ovvero poliprospettico, è pertanto anche necessariamente il risiloquium inteso come discorso intorno al riso. Infatti il riso può risuonare cacofonico, sardonico, sull'orlo del nulla, della follia, della morte e del caos, ma anche essere fausta e giocosa manifestazione di vita, quando luminoso lampeggia, partecipe della creazione del cosmo. Cosmogonico è infatti il riso degli dei quando giocano al gioco della creazione. Cosmogonico è quello, visionario, di Ermes per il quale l'anamorfosi appare come la forma del suo operare demiurgico, dei suoi giochi illusionistici, nonché della sua stessa esistenza di artista sapiente e deus ludens.